Gennaio 12, 2020 - di Ivan Muccini
In questo articolo esploriamo il concetto di “Whole Product”, una riflessione riguardo la definizione stessa di “prodotto”. Il modello offre ai product manager uno strumento concettuale per identificare gli elementi di offerta necessari a soddisfare a pieno la promessa fatta ai propri clienti.
In Italiano, potremmo tradurre il termine “Whole Product” come “prodotto olistico”. Tuttavia, il concetto è abbastanza consolidato da meritare il suo nome proprio, quindi nel resto dell’articolo continueremo ad usare anche il termine inglese.
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Ti sei mai trovato nella situazione in cui ricevi la TV nuova di pacca, la sistemi sul mobile ed connetti tutti i cavi; poi prendi il telecomando e scopri che le pile non sono comprese nel prodotto “atteso”?
Non di recente spero… ma immagino che la sensazione di frustrazione non ti sia estranea.
Ho sempre pensato che fornire quelle pile insieme al prodotto fosse una scelta ovvia, dettata dal “buon senso”, per assicurare una buona esperienza del cliente.
Quando scoprii il concetto di “Whole Product”, nel classico “Crossing the Chasm” di Geoffrey Moore, quel “buon senso” ed intuizione si trasformarono in un vero e proprio metodo e principio di lavoro.
C’è un gap tra la promessa fatta al cliente e l’abilità del tuo prodotto di soddisfare tale bisogno. Per colmare tale gap, il prodotto deve essere aumentato e completato da una serie di servizi, prodotti e benefici ausiliari, addirittura anche “percezioni” e con tutto quello di cui c’è bisogno per assicurarsi di adempiere la ragione di acquisto.
In base alle circostanze ed al tipo di prodotto, questo può includere, per esempio, servizi di implementazione e configurazione, formazione, supporto, guide d’uso e molto altro.
Sebbene l’esempio delle pile sia evidente, così come per molti prodotti fisici, tale gap può essere ancora più critico nei prodotti digitali. Infatti, la promessa di marketing dei prodotti digitali è spesso molto lontana da quello che il prodotto può effettivamente fare. Inevitabilmente, questo approccio rende il gap di aspettativa ancora più grande e difficile da colmare.
Sebbene divenuto popolare con Moore, in realtà il modello è stato introdotto da Theodore Levitt nel libro The Marketing Imagination. Levitt rappresenta il modello Whole Product con quattro livelli di competenza:
Il prodotto generico (o core): ovvero ciò che è incluso nella versione base del contratto di vendita.
Il prodotto atteso: ovvero il prodotto che il cliente pensava di ricevere con l’acquisto del prodotto generico. Questo, rappresenta la configurazione minima di prodotti e servizi necessari per sperare di soddisfare l’aspettativa del cliente. Per esempio, con l’acquisto di un tablet, devi necessariamente avere accesso ad una rete WiFi o una connessione cellulare, e l’una o l‘altra in ogni caso devono essere acquistate separatamente.
Il prodotto ampliato: questa è la configurazione di prodotto che massimizza la probabilità di soddisfare l’aspettativa del cliente all’atto dell’acquisto. Nell’esempio del tablet, questo includerebbe per esempio il set di applicazioni minime come un browser ed accesso ad un app store.
Il prodotto potenziale: questo livello include il potenziale di estensione del tuo prodotto per crescere e soddisfare bisogni emergenti e futuri. Nel caso del tablet, per esempio, la possibilità di accedere a centinaia di migliaia di app dagli App store per estendere il valore del tablet rappresenta uno dei punti chiavi nella vendita del prodotto.
L’importanza di colmare tale gap varia rispetto allo stato di adozione tecnologica in cui si trova la categoria del tuo prodotto. In generale, tanto più il tuo prodotto diventa mainstream, tanto più il mercato valuterà importanti gli anelli “esterni” del modello Whole Product, ovvero porrà più attenzione al valore potenziale.
In altre parole, i primi a scontrarsi ed adottare una nuova tecnologia (“innovatori“) hanno meno aspettative in termini di prodotto olistico; quei clienti si impegnano autonomamente a scoprire i suoi benefici a costo di compensare in autonomia tutto quello di cui c’è bisogno per ottenere il massimo valore dal prodotto.
I tuoi early adopter, già valutano i benefici e rischi in ottica strategica ed economica. Non appena entri nel mainstream, ti scontri con clienti pragmatici che hanno aspettative più ampie, che includono gli strati più esterni del modello Whole Product. In questa fase, un approccio olistico di prodotto permette di superare la resistenza di tali clienti ad adottare una soluzione con ancora una certa complessità e rischi.
Ricordate i primi “lettori mp3”? Molto prima dell’iPod, esistevano decine di lettori mp3 e i “technology enthusiast” (come me) li compravano pure. Per realizzare il beneficio promesso, tuttavia, dovevi: comprare il CD originale; avere un computer ed usare un software “burner” per convertire in mp3 (se non in qualche formato proprietario); usare qualche software per trasferire i files sul dispositivo.
Poi è arrivato l’iPod, rimuovendo tutti gli ostacoli di adozione, completando il prodotto con iTunes, dove in pochi click potevi direttamente comprare la musica e trovarla già nel dispositivo! Con iPod, Apple ha creato un’esperienza di prodotto olistica, portando la categoria di prodotto al mercato mainstream; la barra delle aspettative dei clienti si è elevata ben oltre i puri aspetti funzionali a favore di benefici potenziali e di esperienza olistica.
L’evoluzione dei prodotti digitali nell’ultimo decennio ha adottato in modo quasi naturale questo approccio. L’avvento del modello SaaS, per esempio, è una naturale incarnazione del concetto di Whole Product. L’approccio SaaS, infatti, rimuove dal cliente molte delle difficoltà e barriere necessarie per permettergli di catturare a pieno il valore del prodotto.
Sebbene ci sia sempre più consapevolezza dei benefici e necessità di creare dei prodotti olistici, non è per niente semplice realizzarli. Purtroppo, è molto facile cadere nella trappola delle “funzionalità”, soprattutto nel tentativo di aggiungere valore potenziale. E’ molto comune trovare prodotti con valanghe di funzionalità accattivanti, e potenzialmente utili, ma realisticamente inutili e che nessuno mai utilizzerà.
Invece di continuare ad aggiungere features su features nel prodotto generico, espandi la tua visione secondo il modello Whole Product.
Accompagna il prodotto nel suo ciclo di adozione adozione tecnologica tenendo in considerazione le interazioni umane, gli aspetti emotivi, l’esperienza e le percezioni. Rimuovi le barriere e facilita la realizzazione del valore.
Espandi il prodotto con elementi che massimizzano il valore estraibile (a pagamento o meno). Identifica ed aggiungi valore potenziale, pensando a cosa i clienti credono e sperano che sia possibile in futuro. Talvolta, identificare un caso d’uso o beneficio futuro del prodotto può essere sufficiente ad esprimere un valore potenziale con uno sforzo molto contenuto.
Qualche anno fa ho dovuto scegliere una soluzione di BI (business intelligence) per supportare diversi processi aziendali.
Sebbene non fosse quello più completo, economico e semplice da usare, la scelta è ricaduta su Tableau. Non avendo risorse dedicate, la facilità di adozione era un criterio di selezione non trascurabile. Tableau ha creato un Whole Product sviluppando una community di 150K membri che consente di ottenere risposte a qualsiasi domanda in poche ore. Questa “estensione” di prodotto ha permesso ai diversi team di acquisire competenze ed autonomia nell’uso del tool per i loro scopi specifici.
Uno dei prodotti a cui lavoro è una soluzione di marketing per catene retail. Lo sviluppo di soluzioni marketing sofisticate supera di gran lunga la loro adozione nel mercato mainstream. Tuttavia i leader delle aziende in fase di trasformazione digitale conoscono il valore potenziale di questa categoria tecnologica; i prodotti che si presentano sul mercato vengono valutati non solo per quello che riescono a fare e come lo fanno ma anche a quello che potranno fare in futuro (prodotto potenziale). Esprimere i possibili casi applicativi futuri evidenziando il prodotto potenziale, è stato essenziale per competere ed acquisire i clienti più evoluti e maturi.
Maturare e mantenere una visione olistica del prodotto ti aiuta in tutte le tue attività tattiche e strategiche, e nel tempo diventa un vero e proprio principio di lavoro.
Pensare in questi termini ti forza a metterti nei panni del cliente, studiarne il ciclo di interazione con il prodotto e considerare tutti gli aspetti emotivi e sociali oltre a quelli funzionali. Ti aiuta a sviluppare una maggiore empatia con i tuoi clienti e rimanere customer-centric.
Vediamo alcuni esempi.
Innanzitutto, il modello ti aiuta a definire il problema e l’aspettativa minima del cliente da indirizzare. In particolare ti aiuta a contestualizzare tali aspettative rispetto al ciclo di vita di adozione della tecnologia alla base del tuo prodotto. In altre parole, ti fa ricordare che al giorno d’oggi devi mettere le pile insieme al telecomando…
Seguendo questo principio, nella ricerca iterativa del migliore “problem-solution fit”, sarà quindi il tuo Whole Product a misurarsi con il problema, non il solo prodotto generico e le sue componenti funzionali.
Una volta che hai identificato un’ipotesi di soluzione ed esperienza minima, valuterai quindi quali sono le componenti dell’offerta che devono essere parte integrante del prodotto core e quali invece in questa fase puoi indirizzare con servizi, partner o componenti collaterali.
Esempio.
Hai un MVP solido, un core product che indirizza il bisogno principale. Stai cercando di entrare nel mercato mainstream e supportare crescita. Gli early adopter erano contenti, ma i clienti più pragmatici si scontreranno con le difficoltà di raggiungere il risultato aspettato in autonomia. Per fare il salto nel mainstream, devi costruire un Whole Product.
Colmare tale gap a livello di prodotto generico può essere ancora complesso in questa fase (risorse, tempo, priorità, incertezze); in alternativa, puoi pensare di investire in una migliore documentazione, in servizi di implementazione e onboarding, di migliorare il supporto clienti, di sviluppare partnership ed anche di adottare una pratica “concierge” e fare alcune cose per il tuo cliente (che ti aiuta anche ad imparare e sintonizzarti con i bisogni del cliente). Ma, soprattutto, in questo modo puoi sfruttare le risorse di tutta l’azienda e non solo il “team di prodotto”.
Pensare in termini di Whole Product ti permette di delineare una strategia di prodotto ed una relativa roadmap che includano, in modo consapevole, tutte le componenti necessarie per soddisfare le aspettative del cliente. In altre parole, nella tua roadmap considera non solo le funzioni del prodotto generico ma anche tutto ciò che è necessario per colmare il gap con il prodotto ampliato o potenziale.
Per esempio, supponiamo che hai in roadmap l’introduzione di una nuova funzionalità importante e innovativa. Nonostante tutti i tuoi sforzi di design, sai che sarà inizialmente complessa da utilizzare; probabilmente la tua roadmap dovrà prevedere che di pari passo vengano messe in campo di misure che compensino tale difficoltà – come uno sforzo più intenso sulla documentazione, supporto clienti, servizi di implementazione o coinvolgimento di solution partners.
Come coordinatore degli sforzi di tutti i team e dipartimenti, il product manager è il candidato più naturale a sviluppare una visione olistica del prodotto. In quest’ottica, rappresenta anche il migliore candidato ad effettuare test olistici del prodotto, mimandone l’utilizzo nel mondo reale e nelle mani del cliente.
Infatti, se isoli e testi le singole funzioni in autonomia e poi assumi che la “somma delle parti” soddisfi comunque il bisogno atteso, potresti avere delle brutte sorprese. Invece, quando ci sono nuove funzionalità potenzialmente correlate è opportuno emulare e mappare l’intero ciclo di interazione con il prodotto, dalla scoperta all’ottenimento dei benefici. Puoi ripercorrere i diversi casi d’uso e la loro implementazione nei panni del cliente per individuare i punti di frizione.
Idealmente, più incertezze rimuovi in fase di discovery e design, meglio è. Tuttavia, fare questo tipo di testing prima del lancio, oltre la classica QA funzionale, può mettere in luce lacune non evidenti a priori.
Il modello Whole Product offre al product manager un framework per facilitare il processo decisionale riguardo alla prioritizzazione e scelte strategiche.
Pensare in termini di Whole Product consente al product manager di estendere il processo del product development all’intera azienda. La visione olistica del prodotto, infatti, aiuta la prioritizzazione degli obiettivi aziendali, non solo quella delle funzioni del prodotto “generico”.
Ogni dipartimento e funzione aziendale, in quest’ottica, gioca un ruolo nel creare un’esperienza olistica e ridurre le barriere di adozione del prodotto: marketing, supporto, customer success, team di implementazione, delivery, team legale, finance, etc..
Tale coinvolgimento e trasparenza permette al product manager di facilitare l’allineamento degli obiettivi e di visione nell’intera azienda, da cui ne deriva una strategia di prodotto più efficace.
Come identificare gli elementi necessari a colmare il gap di aspettativa e creare un Whole Product?
Parla con i tuoi clienti. Ricerca il vero motivo per cui hanno acquistato il tuo prodotto. Ancora meglio, scopri perché potenziali clienti hanno acquistato il prodotto dei competitor o posticipato la decisione di acquisto. Attenzione, molti dei bisogni sono spesso latenti, ovvero nemmeno il cliente sa articolarli e li nota solamente quando non vengono soddisfatti! Osserva i competitor di successo, ma non copiarli alla cieca (hai risorse diverse e peculiarità da sfruttare, quindi cerca ispirazione non duplicazione).
Il processo e le tecniche da utilizzare sono di base le stesse che usi per scoprire bisogni e validare le ipotesi di soluzione per la realizzazione del tuo prodotto generico. Ma in questo caso sei focalizzato a far emergere i gap di aspettativa e quegli elementi che permettono di massimizzare il valore ottenibile dal tuo prodotto.
Ecco alcuni spunti, una lista non esaustiva di categorie ed aspetti potenzialmente da considerare nel definire il tuo Whole Product, in particolare per prodotti SaaS:
Spesso, come product manager, non avrai padronanza di tutti gli aspetti del Whole Product. In tal caso, una volta consolidato il prodotto generico, identifica e concentrati su un elemento per volta per aumentare il prodotto. Stabilisci delle metriche di successo misurabili, così da facilitare l’evangelizzazione dell’approccio all’interno dell’azienda e facilitare il coinvolgimento.
Se è la prima volta che senti parlare di Whole Product, spero che questo articolo abbia ampliato la tua percezione del concetto stesso di prodotto.
I concetti chiave sono:
Pensa ad un prodotto, possibilmente maturo, che ti entusiasma. Analizza le interazioni che hai con il prodotto ed identifica gli aspetti che lo completano che ti rendono soddisfatto; probabilmente, realizzerai che ci sono molti più aspetti di quanti immaginavi che non sono funzionalità del prodotto generico.
Condividi le tue osservazioni con noi nei commenti!
(P.s. questo esercizio ti è utile anche per prepararti a colloquio di lavoro! vedi i post sui colloqui).
Dopo anni di esperienza in servizi di consulenza e progettazione, Ivan si specializza in product marketing e management di prodotti SaaS per enterprise. Collabora alla fondazione di Cloud4Wi, startup italiana trapiantata a San Francisco da dove guida la strategia di prodotto e le partnership strategiche.
Le slide sono disponibili per studenti ed ex studenti del Master in Product Management