Gennaio 23, 2023 - di Matteo Guidotto
A cosa serve uno Scrum Master? Qual è il suo ruolo all’interno del team, perché è considerato un ‘costo’ per le aziende e come può collaborare al meglio con il Product Manager?
Prima di entrare nel vivo, ci sembra doveroso partire dalla definizione di Scrum Master by the book.
Lo Scrum Master deve promuovere e sostenere Scrum e aiutare tutti a comprendere la teoria e le pratiche sia all’interno dello Scrum Team che all’interno dell’organizzazione, ed è responsabile dell’efficacia dello Scrum Team.
Scrum Guide
È un vero leader al servizio dello Scrum Team e dell’organizzazione in generale (se ancora non lo sapete, scoprite la metodologia Agile e il framework Scrum).
Lo Scrum Master si muove su tre piani:
Ma quindi cosa fa la figura dello Scrum Master oggi? Come si sta evolvendo?
Matteo Guidotto, Senior Growth Product Manager @ DaVinci Salute, ha intervistato per noi Nicola Moretto, Agile Coach @ Casavo, che nella sua carriera ha assunto diversi ruoli dello sviluppo di un prodotto fino a diventare (anzi, a scegliere!) di essere un Agile Coach.
Di cosa parleremo in questo articolo:
Matteo: Ciao Nicola, raccontami un po’ chi sei!
Nicola: “Ho iniziato a sviluppare software da quando avevo 12 anni, è sempre stata la mia passione e lo è tutt’ora. Ma è una passione che si è evoluta nel tempo: la prima volta quando facevo l’Università di Trento.
Un giorno, durante uno speech, conosco Pietro Di Bello che al tempo lavorava in XPeppers, una delle aziende pioniere della cultura eXtreme Programming in Italia. Pietro fa cose strane, ci parla di test automatici, pallini verdi che si illuminano, ha anche in mano uno strano pomodoro che usa come timer, rimango stregato, dico a me stesso “Io lì ci devo entrare”. Finita la lezione vado da lui e gli chiedo: “come faccio ad entrare in xPeppers?”. “Extreme programming explained” mi risponde, e io così faccio.
Dopo 5 colloqui e un periodo da stagista, riesco a farmi assumere ed inizia così la mia esperienza. Entro in un periodo in cui l’azienda si evolve tantissimo. Due anni dopo, infatti ho l’opportunità di cambiare team e spostarmi su Milano”.
Matteo: E poi cosa è successo? Dicevi che qualcosa si è evoluto..
Nicola: “Mi sono accorto che la mia attenzione si stava spostando dal codice a retrospettive, dinamiche umane e requisiti. Così, prima decido di fare un corso di Scrum Master e poi, leggendo il libro Agile Coaching di Lyssa Adkins, capisco che quella è la mia strada.
Però, c’è un però. Conoscevo l’agile ma coaching… BOH! Che faccio? mi iscrivo a un master di coaching ICF (international coaching federation). Altro shock: io, sviluppatore timido attorniato da direttori, manager e HR. Fun fact: finisco il master, mi accorgo di non averci capito niente, ne faccio un altro, e da lì diventa la mia passione!”.
Matteo: …e poi la terza fase della tua crescita professionale
Nicola: “Sì, perché negli anni avevo imparato molto bene l’agilità di team ma non l’agilità organizzativa, ovvero come cambia il management, l’impatto sui contratti, come si muove un’intera azienda agile. Mi serviva un’esperienza diversa e allora contatto il massimo esperto del tema, Pierluigi Pugliese ed inizio a lavorare con lui in Connexxo. Ma anche qui mi accorgo che non è abbastanza: fare agile coaching come consulente non è proprio un granché: entri, puoi fare le cose al meglio delle tue possibilità ma poi te ne vai, quindi decido di tornare in azienda di prodotto”.
Matteo: Oltre dell’attitudine personale, cosa non funzionava del ruolo dello scrum master, perchè non lo sentivi tuo?
Nicola: “Per definizione lo Scrum Master è colui che rimuove impedimenti e aiuta l’implementazione di scrum: ha un ruolo prettamente di facilitazione, può essere visto come un bacchettone, infatti non per niente viene chiamato ‘master’. Non mi ha mai convinto il nome: avere scrum nel title del proprio ruolo significa implicitamente forzare l’azienda a non evolvere rimanendo fedeli a scrum, ma in realtà dovresti supportare il cambiamento. E poi, perché master? Master di cosa?
E poi scrum è framework a media prescrivibilità; questo vuol dire che implementarlo è un ottimo modo di partire, ti dà il toolkit base per iniziare, ma quando hai tanti team ti serve qualcosa di diverso per scalare”.
Matteo: Tu che tipo di Scrum Master sei stato?
Nicola: “All’inizio ero uno SM tecnico: facevo lavoro in pairing durante il codice (che è il miglior modo per assorbire e imparare), poi ho cambiato. Mi sono più orientato al metodo, un approccio più osservativo, di host leadership, di ascolto, fino ad arrivare ad essere uno scrum master più orientato all’organizzazione“.
Matteo: Come è per te lo Scrum Master ideale?
Nicola: “È un ottimo osservatore, che riesce a capire cosa succede: perché se osservi bene intervieni bene, se intervieni male il team ti odia. È una persona che studia tanto, dovrebbe avere almeno 5 libri da leggere in parallelo, dovrebbe conoscere tutti i ruoli del team da prodotto a ingegneria.
Dovrebbe evitare di essere un Scrum-Mom che di fronte ad un product manager va in protezione costante del team perché tratta il team come bambini (mentre siamo tutti adulti professionisti). Il suo obiettivo è rendere il team forte e autonomo. La cultura dell’agile è oramai insegnata anche nelle scuole e questo aiuta ad avere team più consapevoli e autorganizzati, e che non hanno bisogno di essere evangelizzati”.
Matteo: Uno degli stereotipi attorno a questo ruolo è che lo Scrum Master sia solo un costo, che non abbia effettivamente un valore aggiunto. Seguendo la tua risposta, se il team si auto organizza, se non deve essere difeso, a che serve?
Nicola: “Lo Scrum Master è un costo, ma solo quando non sa ri-posizionarsi. Prendi ad esempio un’organizzazione che lavora in waterfall: nell’anno 0 lo Scrum Master è fondamentale, dà valore all’interno del team perché non c’è consapevolezza su un approccio moderno allo sviluppo di prodotto.
Ma andando avanti abbastanza rapidamente, in 5-6 mesi un team diventa maturo. E’ allora che lo Scrum Master deve riposizionarsi e – cosa importante – anche l’organizzazione lo deve aiutare a farlo, perché se rimane in quel ruolo perde valore e diventa un costo.
Generalmente succede che le aziende assumono uno scrum master per ogni team. A un certo punto, cosa te ne fai? Quando i team sono maturi organizzativamente, non sai dove mettere gli scrum master e, a quel punto, ottieni l’effetto contrario: lo Scrum Master diventa addirittura un blocco per la maturità e crescita del team perché rimane ancorato allo stare all’interno del team stesso”.
Matteo: Quindi potremmo assumere Scrum Master con progetti di 6 mesi e poi stop?
Nicola: “No, perché avviare una squadra è il 5% del suo lavoro; la seconda fase di vita è fare mentoring alle figure che ruotano attorno al team e far scalare l’agilità in azienda.
Diventa un osservatore di come si possa aumentare la definizione del prodotto per migliorare la flessibilità della stessa. Una sorta di mentore, un consigliere di come l’organizzazione si può disegnare nel futuro“.
Matteo: Più ti allarghi, più vai nel territorio di altri ruoli come quello del Product Manager. Non sei più quello che parla solo di sprint, devi trovare il modo di avere una convivenza serena…
Nicola: “Crearsi spazio è un lavoro difficile: si basa sulla catena della fiducia, avviene attraverso manifestazioni di sapere e conversazioni aperte di supporto alle altre persone. Il rapporto perfetto tra Product Manager e Scrum Master è una relazione di partnership: quando funziona, genera valore di business perché incrocia un team che lavora bene e un prodotto inquadrato.
È una relazione di co-responsabilità: un individuo responsabile di un gruppo della delivery di un prodotto ha una complessità talmente alta che servono diversi stili di leadership da adattare alla situazione. E con la complessità odierna serve un gruppo responsabile e co-responsabile di leader, verso organizzazioni a network e non a singoli.
La relazione non funziona quando:
Esempio: se il Product Manager si pone come un proxy tra team e stakeholders, va bene solo all’inizio perché il team ha bisogno di unione e di stabilità, ma poi va messo a contatto con la realtà; ma se si occupa a fare schermo, non ha il tempo per la vision del prodotto e non cresce: in questo deve ricevere ovviamente un aiuto da parte dell’organizzazione per capire quando rimuovere questo proxy e servirsi dell’aiuto di uno Scrum Master. Un team maturo è un’organizzazione sana che funziona come atomi indivisibili e stabili, ed è quindi in grado di reagire anche a feedback pesanti“.
Matteo: Ok, forse mi hai convinto che non sia solo un costo. Però stai dicendo che non ha responsabilità dirette, che quelle che ha sono condivise. L’obiettivo è sempre di gruppo e mai singolo, come misuro il lavoro e il valore che produce?
Nicola: “Si può fare! Puoi misurare cosa vuol significa avere un’organizzazione flessibile e cosa vuol dire aumentare flessibilità e, con quello, definire delle metriche tipo “quanto tempo e risorse dobbiamo investire come azienda per cambiare direzione?”. Ma non solo: puoi ridurre al minimo questi corsi e relative frizioni organizzative: il che significa ottenere un’organizzazione estremamente flessibile che riesce a sopravvivere alla velocità odierna di mercato.
Un altro OKR può essere il livello di coesione dei team. Per questo esistono 3 parametri:
Matteo: Chiudiamo con qualche scenario e qualche pagella da 0 a 10, che voti dai a…
Nicola:
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Innamorato del web non sempre corrisposto, ho percorso l'intera filiera dello sviluppo del prodotto partendo come sviluppatore. Oggi mi occupo principalmente di promuovere l'adozione di un approccio data driven al product management.
Le slide sono disponibili per studenti ed ex studenti del Master in Product Management