Settembre 3, 2022 - di Marco Imperato
Cosa significa MVP?
Il termine MVP è l’acronimo di Minimum Viable Product e il suo significato, in italiano, è letteralmente: “Prodotto Minimo Attuabile”. Significato che può indurre a interpretazioni errate, dato che non si tratta di creare un prodotto minimale.
Proviamo a fare un po’ di chiarezza.
Spesso, tante startup iniziano a lavorare a un’idea di prodotto che pensano essere vincente; così, trascorrono moltissimo tempo a perfezionarlo, prima di lanciarlo sul mercato.
Capita, però, che il prodotto non raggiunga un’ampia diffusione o che, addirittura, non decolli mai.
Questo, molto spesso succede, perché i founder non hanno mai comunicato con i loro potenziali clienti, testando e raccogliendo feedback sulla loro idea.
Il Minimum Viable Product è ciò che ci permette di ovviare a queste problematiche, ed è uno dei passaggi fondamentali da compiere per definire il prodotto finale.
Il termine MVP è stato coniato nel 2001 da Frank Robinson, ma a dargli popolarità sono stati Steve Blank ed Eric Ries, che lo hanno reso uno dei concetti chiave della Metodologia Lean Startup.
Quest’ultima ci fornisce un approccio scientifico alla creazione e alla gestione di startup, e ha come obiettivo quello di portare, il più velocemente possibile, il prodotto desiderato nelle mani degli utenti attraverso un processo di sviluppo circolare Build –> Measure –> Learn.
“Using the Lean Startup approach, companies can create order not chaos by providing tools to test a vision continuously.” – Eric Ries
Chiaramente, è fondamentale avere un mindset orientato al prodotto affinché questo approccio possa essere messo in campo. Quindi, in questo articolo provo a spiegarti cos’è il Minimum Viable Product e perché è così importante per la tua attività.
Ecco cosa leggerai:
A fronte di ciò che ti ho appena raccontato, non dobbiamo dimenticarci che la base di un MVP è sempre la stessa: risparmiare tempo e soldi, validando le ipotesi più rischiose e procedendo per iterazioni migliorative.
Il Minimum Viable Product deve però far parte di una strategia più ampia che ci aiuta a progredire e ad avvicinarci ai nostri obiettivi.
Tipicamente, si arriva all’MVP dopo una fase di customer development; quindi, dopo aver capito se esiste, effettivamente, un problema che merita di essere risolto così da soddisfare le esigenze dei nostri early adopter.
Il Minimum Viable Product serve, quindi, a validare la soluzione che noi pensiamo possa risolvere il problema individuato.
Puoi anche trovare un customer con un problema degno di essere risolto, ma adesso devi capire se tu sei in grado di risolverlo e fargli pagare la tua soluzione.
Secondo Eric Ries, l’MVP è quella versione di un nuovo prodotto che consente a un team di raccogliere la massima quantità di informazioni -validate sui clienti- con il minimo sforzo.
“The minimum viable product is that version of a new product which allows a team to collect the maximum amount of validated learning about customers with the least effort.” – Eric Ries
Durante il meetup d’inaugurazione del movimento Lean Startup, svoltosi a San Francisco nel 2009, Ries ha tenuto uno speech super interessante proprio sull’MVP e una sua frase mi ha particolarmente colpito:
“We want to take the minimum set of features that is necessary to get the early customers for a product, to give us a validation that our long term vision actually makes sense.” – Eric Ries
Credo sia proprio questa l’essenza di un MVP: validare, attraverso i feedback dei nostri customer, se la nostra visione a lungo termine abbia davvero un senso.
Quindi, considerando che non possiamo sapere in anticipo se quello che vogliamo sviluppare funzionerà, perché non costruire una versione che ci costerà molto meno in un tempo ancora più ridotto?
E perché non capire, preventivamente, se ha senso andare avanti prima di costruire la soluzione finale?
Questa versione meno costosa e più veloce si chiama MVP.
Come vedremo più avanti, in questo articolo, esistono diversi tipi di MVP (Landing Page, Demo Funzionante, video), ma non ci sono MVP giusti e MVP sbagliati.
Hai a disposizione diverse tipologie che possono aiutarti a validare esattamente l’ipotesi che reputi più rischiosa:
Ma prima di vedere insieme cosa sono, potrebbero interessarti i 3 errori più comuni da non commettere per arrivare al product market fit -partendo proprio da un Minimum Viable Product- o approfondire cosa è il product market fit e perché è l’unica cosa che conta.
Se la Unique Value Proposition è la promessa che facciamo ai nostri customer, il Minimum Viable Product deve essere in grado di mantenerla.
Il punto di partenza è sempre il customer e i suoi problemi:
Customer > Problem > Solution > MVP
Devi eliminare tutto ciò che non è un “must-have”, per il tuo customer, e tutte le distrazioni che diluiscono il valore del tuo prodotto.
Più l’MVP è complesso e pieno di funzionalità, più sarà difficile, per te, capire effettivamente cosa ha avuto impatto sulla validazione o invalidazione delle tue ipotesi.
L’essenza del tuo MVP deve essere legata al problema numero uno che stai pensando di risolvere.
Per aumentare le probabilità di successo, devi avere il coraggio di togliere funzionalità e devi essere consapevole che, prima o poi, dovrai “buttare” il tuo MVP.
Accettalo. Non sviluppare tante funzionalità, ma assicurati di fare quel minimo che ti serve per massimizzare l’apprendimento.
Detto questo, ti starai chiedendo:
“Ma come scelgo l’MVP giusto? “
Bisogna prima partire dal why e solo dopo possiamo decidere cosa fare e come farlo.
Chiaramente, l’MVP può dipendere da diversi fattori:
Prima di metterne in atto uno, devi avere molto chiaro perché lo stai facendo e come ne misuri il successo; viceversa, ti sarà impossibile capire se ti stai avvicinando all’obiettivo.
Personalmente, ho fatto decine di MVP tutti molto diversi tra loro proprio perché volevo validare ipotesi differenti che, in quel momento, consideravo tra le più rischiose.
La risposta giusta è “dipende”.
In generale, se stai facendo software e impieghi più di un mese, non è un MVP.
Nella (quasi) totalità dei casi, ho fatto MVP senza scrivere una sola riga di codice dedicando la maggior parte del mio tempo a:
Anche qui “dipende”.
Se si tratta di software, spesso puoi riuscire a farlo senza scrivere codice, ma utilizzando piattaforme già esistenti.
Per la maggior parte delle feature che ho testato, con approccio Lean, ho usato sempre Google Form, Mailchimp e WordPress.
Oggi, soprattutto, l’accesso alla tecnologia è sempre più semplice ed economico, tanto che esistono anche piattaforme per creare marketplace da 79$ al mese.
Una delle resistenze maggiori che trovo tra i founder, responsabili di prodotto, design o tech -che intendono abbracciare questo tipo di approccio- è il preoccuparsi troppo della “bruttezza” dell’MVP.
Di seguito, una serie di note da tenere a mente nel caso in cui te ne fossi preoccupato anche tu:
Come anticipato, l’MVP che costruisci dipende dalle ipotesi che vuoi validare.
Ho disposto le principali tipologie di MVP, che puoi realizzare, in un continuum dove da una parte c’è la totale assenza del prodotto che hai in mente, (senza una singola riga di codice) mentre dall’altra c’è il prodotto funzionante che qualcuno può utilizzare.
Il modo migliore, per comprendere le diverse alternative che hai a disposizione, è quello di vedere alcuni esempi di Minimum Viable Product.
Questo è uno degli esempi più celebri di MVP, perché che ha dato inizio a un’azienda, oggi, valutata 7,5 miliardi $ prossima alla quotazione sul Nasdaq.
Il founder di Dropbox era consapevole che il problema, che si prefissava di risolvere, non veniva percepito come tale dalle persone; tuttavia, era convinto che, una volta sperimentata la soluzione:
“Non avresti potuto più immaginare la tua vita senza dropbox.”
Rilasciarono il video l’8 Marzo 2008 su Hacker News.
In una sola notte passarono da 5000 iscritti alla waiting list a 75.000!
Probabilmente se non avessero utilizzato il giusto canale di distribuzione, rivolto ai perfetti early adopter, la storia sarebbe stata diversa.
Ricordati sempre: impiega il 50% del tuo tempo a costruire l’MVP e il restante 50% sulla customer acquisition.
Ebbene sì, l’approccio Lean può essere utilizzato anche per prodotti fisici!
Esistono piattaforme, come Kickstarter e Indiegogo, che permettono di prevendere -a un prezzo più basso del futuro prezzo pubblico- l’oggetto che intendi produrre.
È una modalità semplicemente fantastica, perché ti permette di raccontare la tua visione (prezzo incluso!) e vedere come reagisce il mercato.
In caso di successo, hai già raccolto i soldi che ti servono per partire!
Un esempio degno di nota è, sicuramente, attribuibile alla campagna più finanziata di sempre per la pubblicazione di un libro: “Storie della buonanotte per bambine ribelli”.
Hanno raccolto 675.000$ da oltre 13.000 persone.
Questo è il mio esempio preferito, ma è anche il motivo per cui gli sviluppatori mi odiano!
Il prodotto che fornisci sembra un software perfettamente funzionante, ma in realtà gran parte del lavoro è manuale.
A differenza del Concierge MVP, dove il customer sa che fai tutto “a mano”, in questo caso non sa che i processi sono svolti da persone, invece che da software.
Se il prodotto ha successo, impazzisci (letteralmente) e gioisci per gestire la complessità che si crea, ma i benefici sono enormi perché:
Se va male: hai risparmiato tanti soldi e, probabilmente, sarai in grado di capire su cosa pivotare e cosa potrebbe funzionare, come nel caso di Porch.
In questo esempio, gli utenti utilizzavano il sito web per cercare i migliori professionisti grazie ad una serie di report che aggregavano dati.
I report venivano generati manualmente da persone e ciò ha permesso di risparmiare svariati mesi di sviluppo, dandogli la possibilità di testare la soluzione con utenti veri in poco tempo.
Originariamente chiamato Helpscore, il sito avrebbe aiutato i proprietari di casa a trovare professionisti di ristrutturazione e lavori domestici grazie a un potente sistema di scoring.
I founder pensavano che un elaborato sistema di valutazione basato su dati “freddi”, associati ai vari professionisti, avrebbe facilitato la vita a chi doveva scegliere il giusto esperto a cui affidarsi.
Questo approccio, ha permesso ai founder di risparmiare tempo e soldi proprio perché la loro ipotesi era stata invalidata: ai proprietari non interessava lo score dei professionisti!
Quel che interessava erano dati “caldi”, ovvero se i loro amici avessero già avuto esperienza con quei professionisti, la storia dei loro progetti, il passaparola.
Nasce così Porch.com, che risponde esattamente alle necessità che i customer avevano espresso.
Tutti conosciamo OpenTable; uno dei marketplace digitali più noti che semplifica la prenotazione dei ristoranti.
Però, pochi sanno come ha cominciato.
OpenTable ha iniziato dando ai ristoratori un gestionale per l’organizzazione dei tavoli e per assegnare le prenotazioni provenienti da telefono; poi, successivamente, hanno integrato la parte di prenotazione e valutazione.
Il Single Feature MVP consiste nel realizzare una sola parte della tua visione, ma deve essere assolutamente funzionante e utilizzabile.
Questo permette di evitare uno degli errori più comuni, rappresentato dalle due piramidi nell’illustrazione: tante funzionalità sì, ma fatte male.
Il flusso di attivazione, è l’elemento più importante da considerare se decidi di sviluppare un MVP utilizzabile.
Che sia un “Single Feature” o un “Mago di Oz”, se vuoi sviluppare un MVP -che preveda una reale interazione dell’utente con il prodotto- la parte su cui tipicamente tenderai a incasinarti è proprio il flusso di attivazione.
L’utente deve sperimentare, il prima possibile, la sua prima esperienza gratificante.
Prima l’utente sperimenterà l’”attività chiave”, mantenendo la tua Unique Value Proposition, maggiori saranno le possibilità che sia soddisfatto.
Questo è il motivo per cui devi forzarti a rimuovere tutto ciò che si allontana dal problema principale, che stai risolvendo, e dal why finale che spingerà il tuo early adopter a sceglierti.
Meno è meglio; però, assicurati sempre di non sacrificare l’apprendimento per la semplicità.
Se devi far profilare un utente per poter segmentare, fallo! Ma evita di inserire un form da 7 campi, limitati ai 2 più importanti.
Un po’ di tempo fa, ho incontrato Enrico Pandian il quale mi ha raccontato l’MVP della sua nuova start-up FrescoFrigo: un frigorifero intelligente con prodotti freschi e di qualità pensati per le necessità di lavoratori sempre più attenti al proprio stile di vita. Accessibile 24 ore su 24, 7 giorni su 7.
Costruito in poche settimane, rispetto ai tempi necessari per industrializzare la produzione dei “Frigo veri”, il primo prototipo permette di aprire il frigo con l’app/carta/badge, ma non di effettuare la transazione.
Costruito in poche settimane, rispetto ai tempi necessari per industrializzare la produzione dei “Frigo veri”, il primo prototipo permette di aprire il frigo con l’app/carta/badge, ma non di effettuare la transazione.
Sicuramente il pagamento non faceva parte delle ipotesi più rischiose da validare, perciò questo aspetto è stato risolto con una persona che stava ad assistere durante l’intera durata del test (due settimane).
Non posso condividere le metriche raccolte, ma posso dirvi che i risultati sono stati molto più che incoraggianti 💣💣💣.
In base alle evidenze e alle metriche raccolte, FrescoFrigo si è potuta muovere in avanti con raccolta fondi e hiring.
Update su FrescoFrigo al 20-12-2019: dopo la prima fase di validazione, adesso sta scalando la produzione e la distribuzione.
Lo trovate in quasi tutti gli uffici “fighi” di Milano!
La validazione tramite MVP, all’inizio, ti può sembrare una perdita di tempo perché vorresti subito partire con lo scaling.
In realtà, se fatta bene, ti fa risparmiare soldi e tempo che poi puoi investire -nella fase successiva- per crescere alla velocità della luce.
Al di là del MVP che scegli di realizzare, assicurati sempre di avere estremamente chiara l’ipotesi che vuoi validare e come misurare il successo.
Ti faccio un esempio: decidi che l’MVP giusto è una Landing Page a cui portare traffico con Google Ads.
Scegli le keyword, imposti il budget e a un certo punto il budget finisce,
Non hai registrato alcuna conversione e, ragionevolmente, ti chiedi:
Se la tua ipotesi non è formulata correttamente e se non hai scelto come misurare il successo prima del lancio, il rischio di finire il test ed essere più confuso di prima è molto alto.
L’effetto dovrebbe essere l’opposto: completato il test dovresti essere nelle condizioni di decidere se perseverare o pivotare.
Ad ogni modo, esistono vari framework per formulare delle ipotesi per MVP.
Credo che [il customer segment] abbia dei problemi [nel fare delle cose]
e io posso aiutarlo con [con la mia soluzione].
Alla fine, saprò di avere ragione se [cambiano le metriche].
L’MVP che farai dovrà aiutarti a capire se la tua ipotesi è vera o falsa.
Se sei arrivato fin qui, avrai notato tu stesso la complessità che sta dietro questo concetto, apparentemente così semplice.
Se non si ha esperienza, la sua realizzazione può sembrare un sentiero ostico, ma la verità è che apporta solo vantaggi benefici.
Tra i più importanti, che non mi stancherò mai di menzionare: il risparmio di tempo e denaro!
A ogni modo, ti consiglio anche la lettura di questo mio breve articolo “MVP: 3 errori da evitare per raggiungere il Product Market Fit”, e la visione di questa interessantissima intervista fatta a Lucia Collarà Product Manager Lead e nostra tutor del Master in Product Management e coach B2B.
Se hai trovato il post utile, puoi scaricalo in PDF e tenerlo sempre a portata di mano.
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Co-Founder e Amministratore di Edgemony, società che fonda nel 2020, con il duplice obiettivo di accelerare lo sviluppo del territorio siciliano grazie alle competenze digitali e aiutare aiuta le aziende italiane, e non, a estendere in Sicilia il proprio Tech Team. Crea Product Heroes a fine 2018, la prima community per Product Manager in Italia che conta 6.000 iscritti alla newsletter. Product Heroes è il punto di riferimento per chi fa prodotto, e ha aiutato fino a oggi oltre 180.000 product lovers grazie al Master in Product Management, Programmi B2B, Contenuti ed Eventi on the ground. Dal 2008 guida il dipartimento di Prodotto e Digital Media di Mosaicoon, dal giorno della creazione fino alla chiusura per fallimento 10 anni dopo.
Le slide sono disponibili per studenti ed ex studenti del Master in Product Management
2 replies on “MVP, Minimum Viable Product: cosa significa e perché crearlo”
Manfredi
Il post mi ha ricordato di tenere sempre a mente qual’è il vero problema del customer, non quello che io penso sia il problema del customer: la validazione è fondamentale.
Per fortuna il resto lo ricordo perfettamente, ho seguito con estrema attenzione il workshop 🙂
Elisabetta
Articolo molto utile e chiaro! Gli esempi di MVP sono spesso difficili da trovare quando si cerca di approfondire l’argomento.
Nella scelta dell’MVP da scegliere per la propria start up lspesso la difficoltà è capire quale ipotesi debba essere validata, e quando la start up offre diversi servizi capire quale sia quello più utile da validare per primo.
Credo che la frase “Se la Unique Value Proposition è la promessa che facciamo ai nostri customer, Il Minimum Viable Product deve essere in grado di mantenere quella promessa” aiuti molto in questo intento.