Novembre 25, 2019 - di Adriano Araldi
In questo post scoprirai gli elementi chiave di una buona strategia di internazionalizzazione e localizzazione di Prodotto. Ti mostrerò alcuni errori che non dovrai commettere e vedrai alcuni esempi da prendere come riferimento.
Viviamo ormai da un po’ in un momento in cui il successo di un prodotto è (anche) dettato dalla sua capacità di superare le proprie barriere locali ed interfacciarsi ai tuoi utenti con efficacia, offrendo un’esperienza su misura al proprio mercato target ovunque esso si trovi geograficamente.
Lo Spazio Economico Europeo, per sua natura così multilingue e multiculturale, è il primo a non potersi sottrarre a tale approccio: a differenza ad esempio di un mercato “monolingue” come quello US, forza qualsiasi start-up a guardare oltre ai propri confini nazionali e a supportare più lingue, valute e metodi di pagamenti fin dai primi sviluppi, ben prima che il medesimo bisogno si materializzi per i suoi concorrenti americani e rendersi pertanto più appetibili anche agli occhi di eventuali investitori.
Dotarsi di una buona pratica di internazionalizzazione e localizzazione è quindi fondamentale per assicurarsi una buona scalabilità ed evitare parecchi mal di testa, come vedremo lungo l’articolo.
Non per ultimo, internazionalizzare fa bene al portafogli! Un trend interessante è emerso ad esempio dal più recente ATC UK Language Industry Survey, dove si evince che nel solo Regno Unito il 24% degli intervistati ha ammesso che il proprio guadagno è interamente ad opera di mercati esterni oltre al proprio Paese. Di seguito i mercati chiave esplorati.
Non malissimo eh? 😉
Ma veniamo al sodo. Cosa troverai in questo articolo?
In primis, un po’ di chiarezza…
È importante chiarire tre termini chiave: internationalization (abbreviato a i18n per via delle 18 lettere tra la prima e l’ultima), localization (l10n, ok avrete capito il giochino) e translation (qui la ricerca si è fermata). In breve:
i18n ≠ l10n ≠ traduzione
Con internazionalizzazione intendiamo tutti i processi tecnici che preparano il tuo servizio/prodotto per essere localizzato correttamente nel mercato di riferimento. Questi processi partono ben prima dell’effettiva localizzazione e traduzione e possono comprendere ad esempio l’aggiornamento delle infrastrutture esistenti per aderire e supportare altri script o standard internazionali o ancora la struttura del sito. Parleremo di questo in maggiore dettaglio in un articolo a parte.
La traduzione è il processo per cui si esprime un qualsiasi testo in un’altra lingua, senza tenere in considerazione eventuali idiomi e con focus prettamente sulla sintassi e sulla grammatica. Ma attenzione: ok, grandi passi avanti sono stati fatti in termini di traduzione automatica, ma se pensate che sia sufficiente avrete…
Infatti, con localizzazione intendiamo invece la sorella sprint della traduzione di cui sopra. I contenuti vengono sì tradotti, ma anche e soprattutto adattati al contesto territoriale e culturale del mercato di riferimento. Penso ad esempio a:
L’obiettivo finale è presentare un prodotto finale che sembri creato, fatto e confezionato specificamente per l’utente del tal mercato.
Nota: parto dal presupposto che tu sappia bene chi sia il tuo utente e come si configuri a livello generale.
Il primo passo è banalmente scoprire/capire il tuo o tuoi mercato/i target. Questo è probabilmente uno dei fattori più importanti in termini di allocazione di risorse per la localizzazione.
Quali Paesi hanno la maggiore domanda per il tuo prodotto e soprattutto: gli utenti potenziali sono ricettivi alle più comuni pratiche di online marketing? In termini più ampi, puoi anche controllare quali mercati abbiano il più alto potere d’acquisto o, ancora, per quali si possa stimare una crescita importante o le statistiche relative al traffico corrente in entrata.
Ad esempio, per il lancio del 2018 di Bumble nelle Filippine il processo di localizzazione non era giustificato dalla misera percentuale (poco più del 2%) di utenti che parlassero Tagalog e si è pertanto preferito lasciar perdere. Caso contrario in Canada, dove è stato invece specificamente lanciata una nuova lingua French (Québécoise) per soddisfare il segmento.
Metti a budget naturalmente anche il costo effettivo delle traduzioni, che può variare notevolmente anche a seconda del numero di traduttori disponibili. Lingue comuni come l’inglese, spagnolo o italiano possono essere economiche per via della grande disponibilità, ma afrikaan, norvegese e finlandese sono
per via della poca disponibilità o del tenore di vita del Paese.
Altre cose da considerare sono eventuali aspetti legislativi, come ad esempio traduzioni obbligatorie di condizioni di utilizzo, informative sulla privacy e quant’altro. In alcuni casi di tratta di costi non banali.
A Badoo ad esempio, di recente abbiamo dovuto rendere disponibili tutte le Condizioni di Utilizzo anche in lingua ungherese a seguito della richiesta da parte di Telekom HU e dell’Autorità Regolatrice. Una spesa….… interessante.
Se finora è già tutto chiaro allora…
Fai i compiti! Un ottimo punto di partenza è sempre dato da un’attenta analisi della concorrenza.
Assicurati che i concorrenti percepiti siano effettivamente i tuoi concorrenti reali! Fatti aiutare da risorse in loco, prendi i 4-5 concorrenti più grandi in termini di MAU e parti banalmente dal numero e da quali lingue abbiano al momento a disposizione: questo ti darà almeno una direzione su quali lingue indirizzarti.
Analizza con che tone of voice si approcciano ai propri utenti: la giocano facile adattando i termini in chiave neutra così che il proprio pubblico si trovi bene ovunque sia o si sono buttati sulla localizzazione al 100%?
Scopri poi qual è l’unicità per ognuno di loro, il loro processo di onboarding, le personas e soprattutto scava nella loro storia e nel loro presente. Una pratica a bassissimo costo è dare un occhio a cosa si lamentano i loro utenti (per farlo puoi controllare le review su Google Play ad esempio): controlla se vi è un trend particolare che salta all’occhio e fanne un’occasione per renderlo il TUO punto di forza o partenza.
Prendi infine in considerazione l’aspetto culturale: l’idea/problema che stai cercando di risolvere è effettivamente percepito dal tuo mercato di riferimento? Se sì, in che misura?
Una pratica dall’alto coefficiente costo/efficacia per vedere se ci sia quantomeno un interesse è cominciare traducendo le tue keywords.
Occhio però dal non farti travolgere dall’entusiasmo: meglio in questo caso non tradurre spudoratamente le migliori keywords del mercato originale direttamente per gli altri. Prenditi il tuo tempo per ricercare quale sia il modello tipico di domanda dei tuoi utenti nel mercato di riferimento, scopri come parlano del tuo prodotto (o del problema): potresti ad esempio scoprire che il tal termine in inglese è preferito al corrispondente in lingua locale, o che vengono utilizzati altri termini più dialettici o slang.
Butta un occhio anche alle keywords particolarmente lunghe: sì, potranno rappresentare chissà quale risultati di ricerca prese singolarmente, ma collettivamente contribuiranno a garantirti più indicizzazioni.
Stesso esercizio sull’App store di turno: sì alla traduzione di listing E screenshot, tutti da dare in pasto a search impressions e downloads.
Se già non lo hai, oltre alla lista di keywords di cui sopra tira insieme un glossario o dizionario semantico – la lista di termini utilizzati nella tua app – o aggiornalo, perché questo è esattamente il momento di tirarlo fuori e condividerlo con i linguist, l’agenzia con cui stai lavorando o il tuo team di localization.
Assicurati di aggiornare ogni lingua che hai deciso di lanciare se non vuoi trovare inconsistenze tra mercati ogni volta che cambierai traduttore. Un buon glossario solitamente include: denominazioni degli item del menù e delle funzionalità, la valuta (+ il formato), e le azioni più importanti (“like”, “swipe”…)
L’altro documento fondamentale è la style guide, in cui definire il tono della app, le parole da evitare/preferire, termini da non localizzare e in generale le regole di visualizzazione del testo.
Punti extra per qualsiasi ricerca riguardante i sopracitati termini da non localizzare (vale a dire, da lasciare in lingua originale) al fine di non incappare in fastidiosi incidenti. Ad esempio qualche tempo fa il team Bumble, uno dei prodotti di MagicLab, per il lancio di Beeline (sostanzialmente, il gruppo di persone a cui è già piaciuto il tuo profilo e che ti aspetta al varco) ha richiesto che il nome della feature rimanesse invariato per tutti i mercati. In Russia trattasi tuttavia di uno dei più grossi operatori telefonici… ergo il cambio di nome obbligatorio.
Altri esempi imbarazzanti o meno te li lascio immaginare. 🙂
Una volta che è tutto pronto condividi a pioggia lungo l’organizzazione, in particolare con i responsabili di marketing e social, PR e promozioni varie ed eventuali. Può sembrare una cosa ovvia e banale, ed un po’ di differenza effettivamente tra la comunicazione in-app e di marketing ce la si può aspettare, ma l’ultima cosa che vuoi è che le due siano totalmente contrastanti.
Se la tua app è scritta di partenza in italiano hai poco di cui preoccuparti (o meglio, meno). Ma se fosse in inglese, occhio allo spazio! In termini generali (parliamo in bytes, non caratteri), ogni stringa in un’altra lingua è un 20-30% più lunga. In alcuni casi (tedesco, russo, finlandese) anche 50%. L’arabo (oltre ad essere Right To Left) più del 75%!
Ok, i traduttori possono sempre provare a tirare fuori dal cappello una traduzione più corta e d’effetto, ma non correre il rischio di comunicare la tua offerta in monosillabe: prepara codice e design per eventuali aggiustamenti a livello di UI.
Assicurati di far testare agli stessi traduttori tutte le stringhe prima del lancio e con largo anticipo in modo da dar loro tempo sufficiente per controllare, correggere, segnalare eventuali bug e possibilmente ritestare.
Per quanto contesto e informazioni tu abbia fornito, tradurre in un CAT tool non può essere paragonato all’esperienza reale. Senza contare che diversi scenari vanno necessariamente testati passo dopo passo in un contesto più ampio, magari in spazi più ristretti.
Oltre a quanto già spiegato in un altro dei nostri articoli, in questo specifico contesto:
I processi necessitano di essere (re)impostati affinché ogni nuova iterazione e versione dei contenuti siano ottimizzati e agile.
I contenuti non possono purtroppo essere trattati come dati: determinate associazioni ed ipotesi generate da una lingua sono figlie del contesto in cui sono utilizzate, di chi le legge e del contesto locale.
Per concludere, circola voce che uno dei maggiori difetti dei product manager in questo ambito sia di presumere che mercati tra loro geograficamente vicini siano anche socialmente e culturalmente simili. Non cadere in tranello anche tu! Prenditi il tuo tempo per capire il nuovo o i nuovi mercati a cui stai andando incontro e soprattutto i tuoi nuovi utenti. Diventa il loro
Solo così ti potrai assicurare di lasciarli
Buona internazionalizzazione!
Ciao! Da 6 anni circa mi occupo di prodotto, prima in ambito i18n e più di recente in una app per meal planning. Nel tempo libero mi trovi ai fornelli, ad ascoltare musica MOLTO pesante o a disperarmi davanti alle (dis)avventure della nazionale di rugby italiana.
Le slide sono disponibili per studenti ed ex studenti del Master in Product Management
One reply on “Localizzazione e Internazionalizzazione di Prodotto: cosa fare.”
Valentina Mistrangelo
Articolo favoloso e utile! Localizzazione e internazionalizzazione sono spesso sacrificati nella fase di creazione del prodotto. Anzi, spesso non se ne conosce nemmeno il significato. Eppure localizzare un prodotto è fondamentale. Grazie per l’articolo!