Go To Market Strategy: di chi è l’ownership?

Go To Market Strategy: di chi è l’ownership?

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Go To Market Strategy: di chi è l’ownership?

Cos’è la Go To Market Strategy? Di chi è l’ownership, PM o PMM?

Lo abbiamo chiesto ad Alessandro Pacilio – Head of Product @The Data Appeal Company – che, nel nostro episodio del podcast PH dedicato al tema, ci ha spiegato cos’è la GTM e perché è così importante.

Cosa scopriremo in questo post:

Che cos’è la Go To Market Strategy (GTM)?

E’ la domanda delle domande: come si fa la Go To Market Strategy? Ma, ancora prima, di cosa si tratta?

“Innanzitutto, questa sensazione di ‘oddio, che cos’è la go to market strategy?’ posso confermare che è una cosa abbastanza comune. E’ successa anche a me la prima volta che ho sentito questa parola, perciò proviamo a fare un po’ di chiarezza.

Go to market significa letteralmente ‘andare al mercato’. Con una traduzione migliore, ‘portare il nostro prodotto davanti al cliente’. Quindi metterlo davanti al cliente perché – è chiaro – nel momento in cui noi abbiamo costruito qualcosa, abbiamo fatto qualcosa che sia un prodotto digitale o fisico o un servizio, dobbiamo metterlo davanti agli utenti che potenzialmente sono interessati ad utilizzarlo, ad acquistarlo, o a interagire con esso.

Quindi, se fossimo nel mondo degli oggetti fisici e non digitali, se stessimo producendo, per esempio, delle bottiglie, chiaramente non basta produrle. Devo fare tutto un ragionamento che normalmente rientra nell’area marketing che si traduce in:

  • Come posiziono questa bottiglia?
  • A che prezzo la vendo?
  • Come la comunico?

Le famose 4 P del marketing, fondamentalmente si chiama ‘go to market’. Ora, tu mi dirai ‘va bene, ma quindi qual è la differenza tra questo tipo di lavoro e un lavoro invece di marketing vero e proprio? Perché si chiama product marketing e non solo marketing?’

Il Product Marketing e il ruolo del Product Marketing Manager

Dal mio punto di vista, perché questo tipo di figure, i product marketing manager, sono tanto più efficaci quanto più sono vicine anche allo sviluppo del prodotto. Nel senso, la comunicazione in questo caso va a doppia via, avanti e indietro.

Mentre in un approccio di marketing tradizionale (anche se adesso anche questo sta cambiando) la comunicazione è unidirezionale “dalla compagnia verso il mercato”, con tutte le virgolette del caso: adesso chi lavora nel marketing non sarà d’accordo con questa osservazione però, in linea di massima, era così.

Nel product marketing, invece, non ci si focalizza soltanto su questa parte di “portare sul mercato”, ma fa anche tanto anche lo sviluppo della value proposition, riportare il feedback indietro verso il team di prodotto, aiutare il team di prodotto a prioritizzare le cose correttamente in base a quelle che sono le esigenze del mercato.

Insomma, è un ruolo molto più integrato nella parte di sviluppo, anche perché lo sviluppo di un prodotto digitale permette di farlo più facilmente. Chiaramente, il ciclo di sviluppo è molto più veloce rispetto a un prodotto fisico. Quindi, è chiaro che questo feedback loop, come si dice, può essere molto più stretto”.

GTM: perché nessuno se ne preoccupa?

Nonostante si tratti di un passaggio (e una strategia) fondamentale, spesso ci si dimentica di questo pezzo. Si pensa che un prodotto vada costruito “e poi qualcuno arriverà”. In questo modo, la Go To Market Strategy viene lasciata al caso. Ma non solo: anche il pricing model ha un suo ruolo fondamentale: si unisce a quell’insieme di attività che stanno sotto la GTM Strategy e che vengono anch’esse tralasciate.

Ma dovrebbe trattarsi della “portata principale”, altrimenti sul mercato che ci vai a fare?

“Sì. Parliamo del famoso product market fit. Quindi, l’aver sviluppato qualcosa che in qualche modo si connette al mercato, qualcosa che la gente vuole… chiaramente, è la cosa principale, è l’obiettivo per cui tutti noi, insomma, lavoriamo giorno per giorno, chiunque, in realtà. Quindi perché ce lo dimentichiamo?

Penso che ci siano diverse ragioni. Da una parte c’è un po’ questo mito costruito sulla famosa frase “build it and they will come”, cioè “costruiscilo e la gente verrà”. In realtà, sì. Forse se sei Apple, lo costruisci e poi la gente lo acquista lo stesso. Ma per il 99,9% delle altre compagnie nel mondo, che non sono queste due o tre che si possono permettere di fare questa cosa, non funziona così: in realtà ci sono un sacco di esempi di prodotti che vengono fatti e che poi sono anche validi, ma che poi o non vedono mai la luce del sole o non vendono come potrebbero vendere, non raggiungendo il loro potenziale, proprio perché questa parte è stata un po’ dimenticata.

Quindi “build it and they will come” secondo me è un po’ un falso mito. È forse uno dei motivi per cui si tende a credere che “Ma se io faccio una cosa bella, qualcuno lo scoprirà”. Sì, può essere effettivamente, però, se ci mettiamo un po’ di sforzo, sicuramente aiutiamo a far sì che le cose non succedano da sole.

Dall’altra parte, penso che sia molto più facile pensare alle soluzioni piuttosto che ai problemi o alle opportunità. Quindi anche lì, io piuttosto che pensare a come fare la parte di strategia che non so bene come si fa, me ne sto nella mia comfort zone. Come product manager mi faccio le mie storie, mi faccio le mie features. Rimango nella mia bolla un po’ vittima di nuovo di questa cosa. Perché pensare invece un po’ al di fuori è più difficile e ovviamente più sfidante”.

Quale framework utilizzare in particolare?

Ma quali framework utilizzare in particolare per la Go To Market Strategy?

“Framework ce ne sono parecchi, ovviamente. Alcuni sono un po’ più particolari di altri. In generale, io consiglio di partire sempre dalla Value Proposition. La prima cosa che sta alla base sia del product marketing che del product management è avere una buona idea di qual è la tua proposta di valore, cioè perché vale la pena utilizzare delle risorse per fare quello che vuoi fare tu. La risposta a questa domanda è la Value Proposition, quindi io partirei da lì.

Su Value Proposition ci sono diversi framework. Io ne utilizzo due, quello di Strategyzer e Mat Shore. Se cercate “Mat Shore six blocks position” online lo trovate. Non è il massimo dal punto di vista grafico, ma se lasciate stare questo aspetto, Strategyzer è molto più bello, così come anche Mat Shore è interessante.

Comunque, tutte e due i framework partono dallo stesso principio: identificare la propria persona, cercare di capire questa persona nelle sue caratteristiche:

  • Cosa fa?
  • Cosa vuole?
  • Cosa sappiamo di questa persona?
  • Quali sono le alternative che sono a disposizione di questa persona?
  • Quali sono i i benefit che noi possiamo portare?

Questo è la prima parte di qualunque go to market strategy o dello sviluppo di qualunque prodotto. Ti permette innanzitutto di chiarire qual è il tuo posizionamento sul mercato rispetto ai benefici che porti per il tuo target audience.

La targhettizzazione dell’audience è anche molto importante. Quindi prima cosa: value proposition, identificare la persona e il proprio posizionamento. Dopodiché, proprio nell’atto pratico della go to market, ciò che viene dopo il posizionamento è il messaging. Una volta che ho capito chi sono in relazione agli utenti che voglio raggiungere, devo chiedermie capire ‘okay cosa gli voglio dire?’.

Una tra le parti più importanti è: cercare di capire – in relazione all’utente – in che modo posso raccontare la mia storia efficacemente, parlando soprattutto dei bisogni dell’utente e non solo ‘di me’. Questo, tra l’altro, è l’errore che nella mia esperienza vedo più frequentemente a livello di marketing. Quando il marketing parla di sé stesso invece che parlare dell’utente, è un errore. Se noi pensiamo agli slogan di marketing di maggior successo “Just Do It”, “Enjoy Coca-Cola”, “Think Different”, chi è il soggetto di queste frasi? Non è Apple, non è la Coca Cola, non è Nike: è chi la utilizza. Quindi anche tutto il messaging deve essere fatto in relazione all’utente finale”.

Di chi è l’ownership della Go To Market Strategy? PM o PMM?

E ora arriviamo alla domanda più importante: chi fa la Go To Market Strategy? Di chi è l’ownership, Product Manager o Product Marketing Manager (soprattutto nei casi in un cui un’azienda ha entrambe le figure)?

Secondo Alessandro Pacilio, il successo del prodotto dipende da entrambi e dunque non può esistere una situazione dove c’è un hand-off perfetto tra una figura e l’altra.

“Quelle situazioni per cui il product manager a un certo punto dice ‘ma io ho fatto un prodotto perfetto se non si vende è colpa tua che non hai fatto una buona go to market’; o, allo stesso modo, un product marketing manager che ti dice ‘ma io ho fatto una campagna perfetta, però se tu fai un prodotto che non piace, non lo riusciamo a vendere’.

Perché in realtà non è così. Il feedback deve arrivare da tutte e due le parti e la responsabilità è comune e condivisa per raggiungere il successo e trovare il famoso product market fit. “Chiaramente, all’atto pratico, la competenza della go to market strategy nelle compagnie dove ci sono le due figure è del product marketing manager. Quindi è un lavoro che sta nella description del product marketing manager.

Non è detto che esistano le due figure, soprattutto nelle aziende piccole. Nella mia azienda, piuttosto piccola, abbiamo comunque preso la decisione di investire sull’avere le due figure perché secondo noi sono due figure complementari che portano skill diverse, che possano possono integrarsi bene l’una con l’altra. PM magari un po’ più focalizzato sulla tecnologia, PMM un po’ più focalizzato sulla sulla comunicazione e un po’ più focalizzato sul mercato.

Mettere insieme questi due approcci è una cosa che può aiutare. Poi, chi fa la go to market è il PMM, quindi l’ownership è sua: di solito il successo di un product marketing manager è infatti l’adoption, quindi quante persone hanno usato o acquistato il prodotto. In più, ci sono una serie di attività collaterali, la relazione con la parte di ricerca, la relazione con la parte più di marketing comunicativa tutta la parte di documentazione, se vogliamo, creazione di sales, collateral, eccetera.

Ma appena dico questa cosa, tutti i product manager in ascolto che hanno scoperto che possono demandare la documentazione di product marketing manager, domani mattina andranno in ufficio e diranno ‘dobbiamo assolutamente assumere un product marketing manager così svoltiamo”, no? Però, scherzi a parte, chiaramente la parte più comunicativa è appannaggio del PMM.

Nelle realtà piccole può essere più o meno la stessa figura. Tant’è vero che io stesso, in una realtà non tanto piccola come poteva essere quella di Booking, ho ricoperto, sostanzialmente, entrambi i ruoli”.

Riascolta l’intera puntata per approfondire l’intervista ad Alessandro Pacilio, Head of Product @The Data Appeal Company e iscriviti alla newsletter di Product Heroes per non perderti neanche un nostro contenuto!

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Le slide sono disponibili per studenti ed ex studenti del Master in Product Management

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