Luglio 11, 2022 - di Redazione
L’intervista dal vivo con Joe Zadeh, ex VP Product @ Airbnb e Head of Airbnb Experiences, durante il terzo e indimenticabile Meetup di Product Heroes, è stata davvero fantastica. Ecco perché abbiamo deciso di condividerla con voi in questo post.
Joe Zadeh, intervistato dalla nostra Sara Tortoli (Head of Product @ Backbone), ha raccontato la sua storia ripercorrendo le tappe ad Airbnb e condividendo tantissimi consigli utili per la nostra community di Product Heroes.
Siete pronti? Tenetevi forte!
Questi i temi affrontati:
Joe ha iniziato la sua carriera come scientist. Dopo aver conseguito il dottorato di ricerca in Biologia Scientifica presso la Caltech di Los Angeles, ha deciso di trasferirsi a San Francisco per entrare a far parte di una startup tecnologica. Poco dopo, è approdato in Airbnb come terzo software engineer e nono dipendente, mentre l’azienda stava ancora lavorando in un appartamento.
Dopo un anno, Joe è passato al prodotto e ha ricoperto il ruolo di Head of Product per Airbnb per i successivi sei anni. Durante quel periodo, Joe ha portato il team di prodotto a più di 70 PM ed è poi diventato il capo della nuova business unit Airbnb Experiences guidandone l’espansione in oltre 1.000 città in tutto il mondo.
Dopo 10 anni, Joe ha lasciato Airbnb come dipendente più longevo. Attualmente, risiede a Bologna dove è investitore, consulente, mentor e membro del consiglio. È particolarmente focalizzato sulla musica tech e sulla tecnologia italiana.
Benvenuto Joe! E’ un onore essere qui e avere la possibilità di poterti intervistare. Durante le mie ricerche di preparazione ho scoperto che in Airbnb il tuo soprannome era JoeBot.
“JoeBot come il Robot. Perché? Quando sono entrato in Airbnb c’erano tre stanze nell’appartamento in San Francisco (la cosa strana, era che dovevi toglierti le scarpe prima di entrare!). In una delle stanze c’era il Product Team, occupata dai tre Founder e i tre Engineer, mentre in sala c’era il Customer Support Team. Nella camera del Product Team, c’erano quindi sei persone, ma due Joe (perchè Joe Gebbia era il founder di Airbnb). Questo rappresentava un grosso problema, che abbiamo risolto in fretta usando il mio social nick name JoeBot, che non ha nessun significato particolare, ma che di fatto è diventato il mio nome nei 10 anni a seguire, nome con il quale tutti mi chiamavano!”.
Che colpo di fortuna è stato essere lì, in quel momento, in Airbnb? Che atmosfera si respirava in quell’appartamento?
“L’energia era pazzesca! Ti toglievi le scarpe, entravi nell’appartamento, e tutto era bellissimo e ben arredato. Due dei tre founder di Airbnb erano designer, quindi a livello estetico era molto carino. C’era tanto ottimismo, positività e voglia di fare qualcosa che cambiasse il mondo. Era tutto molto eccitante e le persone erano veramente friendly. E anche quando siamo diventati più grandi, abbiamo continuato a investire in questo tipo di cultura e approccio. Ogni volta che entravi negli uffici, percepivi sempre questo tipo di energia e positività. Era figo sentirsi così bene ed era cool entrare senza scarpe, vestirsi casual e iniziare a costruire qualcosa di davvero forte!”.
Guardando ai processi e ai modelli organizzativi, come avete identificato le opportunità da cogliere per Airbnb. Se prendiamo ad esempio Airbnb Experiences, quali erano i processi, partendo dall’idea iniziale, passando per lo sviluppo, fino ad arrivare al lancio sul mercato.
”La decisione d’intraprendere Airbnb Experiences (che nasce come business secondario di Airbnb), nasce intorno al 2011. Io ho iniziato nel 2010 e, nel 2011, dato che le cose stavano andando abbastanza bene, ci siamo chiesti quale potesse essere lo step successivo. Così abbiamo avuto un po’ di confronti e conversazioni.
Il CEO Brian Chesky si ri-lesse la biografia di Walt Disney, che parla in parte della creazione del film di Biancaneve (film rivoluzionario degli anni 30). Il film fu scritto attraverso uno storyboard che raccontava ogni parte/scena del film e che venne condiviso con tutte le persone dello staff che erano coinvolte nella realizzazione del film.
Noi abbiamo usato lo stesso approccio. Per essere tutti allineati, abbiamo creato uno storyboard che descrivesse ogni momento saliente che fa parte del viaggio e delle attività che una persona compie. Da quando viene pianificato il viaggio al primo check-in, da quando prendi un TAXI a quando ceni e infine riparti. Ci siamo così accorti che Airbnb copriva solo una piccola parte del viaggio.
Quindi, perché non pensare invece a qualcosa che prendesse in considerazione l’intero viaggio? Abbiamo lavorato per tanti anni a questa idea, ed è solo nel 2016 che abbiamo deciso di lanciare Airbnb Experiences a Los Angeles e in altre 12 città, per poi scalare nel resto del mondo”.
Qual è stato il processo decisionale che avete seguito per arrivare a questo, e una volta definito, come avete settato gli obiettivi aziendali per l’intera organizzazione?
“Questo ‘secondo’ business era davvero una decisione strategica da prendere per l’intera azienda, e tante opinioni dovevano essere ascoltate. Appena abbiamo saputo che non ci saremmo dovuti concentrare sul car sharing o altro (perché ci saremmo dovuti focalizzare molto di più sulla parte legata al viaggio), allora nacquero molti pilot di nuove idee che abbiamo preso una a una e analizzato, validato. Quando è stato scelto Airbnb Experiences abbiamo effettivamente capito qual fosse il vero valore aggiunto di Airbnb: la relazione human to human, l’ospitalità e il legame che nasce tra le persone.
Airbnb era la risposta naturale a tutto questo. Capito questo, è stato molto semplice scegliere in quale direzione andare. Per quel che riguarda gli obiettivi, tutto poteva cambiare. Noi eravamo piccolini, solo dieci persone nell’appartamento. Non avevamo obiettivi molto concreti, ma sapevamo che dovevamo crescere. Quando si è parte di un’azienda grande e strutturata, è naturale che le idee e le previsioni siano chiare. Quando invece si vive all’interno di una startup, bisogna essere un po’ più fluidi, perché è davvero difficile fare delle previsioni. Tutto dipende dalla grandezza del business. Un business piccolo ha molte incognite e gli obiettivi sono più flessibili. È solo quando il business si stabilizza e diventa più grande che gli obiettivi diventano chiari e perseguibili”.
Vista la nascita di questa nuova business unit, alla quale tu facevi capo in Airbnb, come hai organizzato il tuo team, il tuo dipartimento?
”E’ stato un periodo interessante per Airbnb perché fino a quel momento eravamo organizzati per funzione. Fino a quel momento io ero stato un Head of Product e gestivo le funzioni legate al Product Management. Avevo un partner che era Head of Engineering e che gestiva appunto tutti gli sviluppatori. E poi c’era la parte dedicata al design, ai dati e alla ricerca.
Quello che decidemmo di fare, fu di creare una nuova business structure, dove ogni figura (sviluppatori, designer e product manager) faceva capo a me che ero il business leader della unit Airbnb Experiences. Tutti facevano quindi riferimento a me, tranne i team che avevano funzioni di controllo come Finance o Legal, che hanno continuato a essere centralizzati. Quindi l’azienda attraversò questa fase, anche se una volta diventati più grandi le scelte organizzative, sono sempre dipese dai bisogni effettivi del momento.”
Quanti riporti diretti avevi?
”Ho sempre cercato di avere tra le cinque e le nove persone. Anche perché andare oltre i nove, è davvero complesso, e io credo che avere tra le sette e le nove figure che si occupano di product management, e che riportano a te, sia davvero un bel numero. Sotto i cinque, non hai bisogno di definire una struttura così gerarchica, e sopra i nove, non hai davvero il tempo di poterli seguire. Forse è possibile per gli sviluppatori – e dipende dal tipo di sviluppatore – gestire numeri più alti, ma non nel Product Management.”
Visto che sei diventato il Leader di un grande business unit, puoi raccontarci quello che hai appreso e imparato nel tempo riguardo allo stile di leadership e come questa si è evoluta nel tempo?
“Prima di entrare in Airbnb, io ero un PhD student, che significava essere un extreme individual contributor inizialmente. In pochissimo tempo mi sono ritrovato a dover gestire un team di tantissime persone tra product manager e sviluppatori per la prima volta. Sono stato molto fortunato perché ho avuto ottimi mentor e coach che mi hanno aiutato tantissimo. Ricordo che un coach un giorno mi disse: Il modo con cui gestisci te stesso, è lo stesso modo in cui gestisci gli altri. Sembra una cosa banalissima dirla così adesso, ma io ho davvero capito quello che significasse veramente, solo con il tempo ed entrando meglio nel ruolo.
E’ davvero tutto legato a come gestisci il tuo tempo e a come ti rapporti con te stesso. Allora sì che riesci a trovare il giusto equilibrio nella tua vita. So che vi sembrerà stupido, ma tutto dipende da come parli a te stesso e al modo che hai di lavorare su te stesso. Io ero molto duro con me stesso, pretendevo tantissimo e pensavo solo ai risultati. Quando ho iniziato a capire, ho visto questo atteggiamento anche nel modo che avevo di gestire gli altri.
Non riuscivo ad esempio a essere super equilibrato, non riuscivo a prendermi cura della mia salute. Improvvisamente mi resi conto che non dormivo abbastanza e neanche le persone che gestivo non dormivano abbastanza. Quello che ho imparato, è che per essere un buon Manager e un buon Leader la cosa migliore che puoi fare è prima di tutto essere sicuro di avere cura di te stesso. Sembra scontato, ma non lo è”.
Hai qualche tattica o tecnica da condividere che potrebbe funzionare anche per gli altri?
“Prima di realizzare tutto questo, se penso al mio calendario, era un infinito susseguirsi di meeting dalla mattina alle 8.30 fino alle sette di sera, senza spazio per pranzare. Io penso che molte persone vedano questo come time management, ovvero più meeting io faccio nella giornata e più cose riesco a fare e a chiudere. Ho iniziato a capire solo con il tempo, che dovevamo smetterla di pensare a come gestire il tempo, e iniziare invece a pensare a come gestire la propria energia e a massimizzarla in ogni momento.
Che per me significa, pensare magari di allenarmi come prima cosa, invece che andare subito in ufficio, rimuovere i meeting superflui, oppure tornare a casa prima per vedere i miei figli a letto, perché mi avrebbe caricato di energia positiva e mi avrebbe permesso di dare il massimo dopo. Ho quindi iniziato a incoraggiare le persone, sia nella loro vita professionale che nella loro vita personale, di smetterla di pensare a quanti meeting partecipare e pensare di più a come massimizzare la loro energia. Questo perché come spendi il tuo tempo è molto più importante di come massimizzi il tuo tempo”.
Ti ricordi come era la tua agenda alla fine?
“Cercando di fare più cose in un giorno e lavorando per un’azienda internazionale, dove avevo riporti diretti in diverse time-zone, ho imparato a un certo punto e con l’esperienza, ad avere molta più flessibilità nel calendario e a ri-schedulare gli appuntamenti anche giornalmente. A trovare il modo di trasformare i meeting in email, camminare per l’ufficio e parlare con le persone, oppure usare Slack, avere veloci scambi, senza dover fare meeting formali”.
Come gestivi la comunicazione con il tuo team e anche con gli stakeholder?
”La comunicazione avviene in molte forme, ma uno dei più importanti principi della comunicazione, che valgono anche per chi fa Product Management, sono il focus e la semplicità. La semplicità è una sorta di circolo virtuoso, dove ‘più tu semplifichi, e più rendi facili le cose da fare’, mentre la complessità è un circolo vizioso, dove la complessità genera solamente ancora più complessità. Così ho sempre cercato di essere sicuro che, quando si creava per esempio una strategia, fosse sempre tutto molto immediato e semplice da capire. Una mezza pagina scritta, che fosse molto ripetitiva e facile da memorizzare e da capire per tutti.
E questo tipo di principio è permeato in ogni mia comunicazione, partendo dalle email che scrivevo che cercavo di scrivere in modo molto semplice e breve (se ci metti ore a scrivere una email, forse non stai scrivendo una mail ‘giusta’ e probabilmente ci saranno un sacco di cose poco chiare, e tutto è troppo complicato). Ho cercato sempre di semplificare, e probabilmente questa cosa me l’hanno già sentita dire più volte al giorno, ma ogni aspetto del prodotto, da come si comunica, alla strategia, fino agli obiettivi da perseguire, bisogna semplificare sempre e costantemente”.
Seguivi dei processi particolari prima d’iniziare un meeting?
“Dipende molto dal meeting, ma quello che ho cercato di fare, è che se avevo per le mani documenti come metriche o OKR, invece che creare un ennesimo documento da discutere al meeting, la stessa dashboard di dati piuttosto che il report, diventavano uno strumento unico a cui fare riferimento, e meeting e documento si trasformavano in una sola cosa. Il senso qui è semplificare. Una delle cose che abbiamo iniziato a fare, fu quella di distribuire il carico di lavoro nelle mani di tutti, e non solo con me o i miei diretti riporti.
Condividere il contenuto, da carica al team e aiuta veramente durante il meeting. Abbiamo quindi sempre cercato di distribuire il lavoro, rendere tutto più facile e semplice, ma è difficile trovare un processo solo che possa funzionare bene per ogni meeting. La domanda vera da porsi qui è ‘come facciamo ad avere meno meeting’? So che per chi è product manager è una cosa difficile da chiedersi, mentre per un designer e uno sviluppatore, che hanno a che fare con qualcosa di tangibile, è diverso. Per chi è Product e conduce l’orchestra, il lavoro è parecchio intangibile. Quando ero sviluppatore in Airbnb, non avevo meeting, e lavoravo solo sul codice, e credo che il vero processo/sfida da cogliere per un Product Manager sia quella di avere meno meeting possibili.”
Tornando indietro nel tempo, quali sono stati i momenti più cruciali del tuo lavoro in ogni fase di crescita dell’azienda? Quali credi che siano stati gli elementi che ti hanno permesso di andare avanti in modo ottimale?
“Quando ero in Airbnb, specialmente nel prodotto, tutto era continuamente in forte sviluppo, ed era fantastico! L’azienda continuava a crescere velocemente, e una crescita così veloce per un’azienda richiede una grande crescita anche dei suoi impiegati. Ogni sei mesi il gioco si faceva sempre più duro, sia che alcuni aspetti del tuo lavoro cambiassero oppure no. Ma la cosa più importante che una crescita così esponenziale richiede è la capacità di sapersi adattare molto velocemente al cambiamento.
E per i processi, se per esempio organizzavo un meeting in un certo modo, con certi documenti sei mesi prima, anche se sembrava perfetto al momento, sei mesi dopo poteva risultare sbagliato. Questo faceva si che anche assumere fosse davvero difficile, poiché dal momento in cui realizzi quello di cui hai bisogno, hai già superato quel momento e non hai trovato ancora quella persona, e potresti impiegare almeno sei mesi prima di trovarla. Dal momento in cui quella persona si unisce al team, i problemi sono già più difficili e diversi da quando la volevi assumere. A questo punto devi diventare bravo nel sapere in anticipo i tuoi bisogni.
La mia regola era assumere per quello di cui avrei avuto bisogno da quel momento a due anni. Se per esempio avevamo bisogno di Product Manager che potessero gestire cinque o sei PM, potevano entrare in azienda anche come individual contributor, ma con la consapevolezza, che avrebbero dovuto lavorare duramente per arrivare a gestire cinque o sei PM in due anni, perché sapevamo che quello sarebbe stato il loro lavoro. Altrimenti era un continuo pianificare e andare costantemente a caccia.”
Come identificavi il ruolo di cui avevi bisogno con così tanto in anticipo?
“Abbiamo sempre avuto flessibilità e ci siamo sempre aspettati che ogni due anni circa le persone cambiassero di ruolo. Abbiamo cercato dei product manager specializzati. Se stiamo parlando di una infrastruttura tecnica importante, c’è bisogno di un particolare product manager, e quindi non si cerca una figura con capacità da user facing e viceversa. A volte abbiamo avuto bisogno di product manager tecnici con conoscenze specifiche, e a volte con capacità di user facing.
Quando mi occupavo delle assunzioni, io cercavo sempre più product manager generalisti e non specializzati, con conoscenza in diversi ambiti, come ad esempio per l’area growth, quindi con esperienza come ICO, e-mail, push notification e abilità tecniche. Abbiamo davvero cercato di far crescere le persone, assumendole anche per nuovi ruoli o cambiandole di reparto, e con il tempo siamo diventati più bravi nell’identificare talenti e non solo product manager, anche in altri dipartimenti, per poi portarli sul prodotto.”
Quali sono gli elementi che hanno reso Airbnb così di successo e che l’hanno portata a sfondare a livello globale?
“Se guardo ai primi giorni di Airbnb, il prodotto nel 2010-2011, non era solo un pochino meglio, ma era dieci volte meglio rispetto alle altre alternative presenti sul mercato. Da utente, potevi scegliere un‘esperienza che nessuno era in grado di offrirti. Una sistemazione a metà prezzo e più grande quattro volte, in un luogo lontano dalle zone turistiche. Questo ha portato così il turismo in posti dove non esisteva, ed è stato un buon affare anche dal punto di vista del turista. Quando cerchi di creare un nuovo mercato o creare un nuovo prodotto, non puoi essere solo il 10% più bravo, devi essere 10 volte meglio! E io penso che Airbnb ci sia riuscito. Era qualcosa di cui la gente ne voleva parlare, anche se era molto discutibile, perché la gente si chiedeva: ehi, aspetta un attimo, tu vuoi andare a stare in una casa di uno sconosciuto? Perché vorresti fare una cosa del genere?
Così la gente ha iniziato a parlare delle loro vacanze al loro ritorno in ufficio, e a raccontare tutto quello che aveva fatto, e di questo fantastico Airbnb. Era un prodotto radicalmente migliore, e forse la cosa più vicina ai tempi era Craigslist…che non so se esiste in Italia, ma per noi è un’istituzione. Siamo riusciti a diventare credibili e a generare fiducia negli utenti in breve tempo.
Io credo che avere avuto a bordo due designer in qualità di founder, abbiamo contribuito molto in questo senso. Penso, quando già all’inizio, ingaggiavamo giornalmente fotografi professionisti, che avevano il compito di fotografare le case degli ospiti per fare delle bellissime fotografie, proprio per alimentare la fiducia nel prodotto e nel brand.
La costante cura del design, l’iterare e il pensare dalla prospettiva del cliente e a come fare sempre meglio, sono tutte cose che hanno fatto la differenza”.
A livello personale, quali credi che siano i tratti caratteriali più importanti da sviluppare per raggiungere un livello così alto di successo?
“Quando abbiamo assunto Product Manager, abbiamo fatto colloqui che richiedevano capacità tecniche. Per almeno i primi 70 candidati, ho seguito il processo di assunzione fino all’ultimo passaggio, e credevo davvero fosse la cosa giusta. Le due cose che mi interessavano nel candidato erano: ‘Amano il prodotto? Amano costruire cose?’ Molti sono perlopiù interessati all’aspetto business e solo quello, che è assolutamente importante. Ma io volevo assumere persone che una volta datogli un fantastico prodotto in mano, si sarebbero illuminate e lo avrebbero adorato, diventando curiosi e facendo un sacco di domande a riguardo.
Cercavo di capire quale tipo di prodotto amavano. E se non davano delle buone risposte, trovavo difficile vederli diventare di successo all’interno della nostra azienda. Un’altra domanda che facevo, e che si basa su un concetto in uso qui a Silicon Valley e Stanford, creata da alcuni ricercatori scienziati, consiste nel chiedere come gestisci i fallimenti quando fai un errore. Ad esempio, come quando dai a due bambini un puzzle, e uno dei due dice che il puzzle è complicato, difficile, e lo getta via. Questa è chiamata ‘mentalità fissa’. L’altro bambino, con un po’ di difficoltà e frustrazione, continua invece a lavorarci, capirlo ed essere entusiasta nel fare qualcosa di sempre più difficile per migliorarsi.
Cercavo nei Product Manager questo mindset di crescita. Abbandonerai facilmente quando le cose saranno difficili e non funzioneranno, oppure ti rimboccherai le maniche per risolvere il problema, migliorare il prodotto e poi volere una sfida ancora più difficile? Questa è una delle cose delle quali sono più orgoglioso! Guardando indietro, molti miei colleghi sono cresciuti diventando Head of Product altrove. Credo davvero, che questa sia una delle cose che abbiamo meglio gestito meglio.”
Quali sono le tue idee su come attrarre più aziende e investimenti internazionali qui in Italia e come creare più in generale una cultura che sia guidata dal prodotto tech?
“Otto mesi fa mi sono trasferito in Italia, a Bologna, dove mi fermerò per un paio di anni. Sono quindi appena entrato nell’ecosistema tech italiano e sono molto grato nei confronti del governo per avermi permesso tutto questo e per essere un mentor, un advisor e un investitore della scena tech italiana. Quello che ho colto a oggi, è che gli sviluppatori, in Italia, sono estremamente bravi, ma da una prospettiva tech io mi aspetto anche che ci sia una più forte comprensione della product strategy e che si abbia un po’ di marketing acumen.
L’Italia so che ha una lunga storia di grandiosi prodotti e marchi iconici in altri ambiti, e che sia una delle più forti e brillanti culture di prodotto al mondo. Sono molto eccitato per questo! Ma come facciamo a far crescere e a portare il mondo tech italiano e le aziende, al suo potenziale massimo? Penso che ci siano altre cose che possiamo fare: come ad esempio portare altri colleghi da altre parti del mondo che siano entusiasti nel condividere tutto quello che loro hanno imparato e i loro valori. Io sono molto felice di condividere tutto quello che ho imparato, e ogni piccola cosa può aiutare l’Italia. Allo stesso tempo, penso che anche il governo debba essere più di supporto (anche se non so quanto di supporto sia stato finora). Ad esempio in Francia, c’è un mio amico Fred Mazzella, che è il fondatore di BlaBlaCar. Ho visto la sua compagnia diventare la prima azienda Unicorno.
Ora ce ne sono 26 in Francia, questo perché Il governo francese ha dato priorità agli investimenti nel settore tech, dando incentivi e aiutando con finanziamenti. Un’altra cosa molto interessante che ho visto è che Fred di bla-bla Car è stato uno dei primi eroi per il sistema economico francese e all’improvviso un sacco di altre realtà hanno iniziato a pensare: se questo ragazzo ce l’ha fatta posso farcela anch’io! Hanno finalmente qualcuno di riferimento al quale ispirarsi. Spero davvero che il governo continui a sostenere il settore tech, e mi auguro che investitori soprattutto europei, che non sono mai stati lungimiranti, credano di più nel loro investimento cercando d’investire a lungo termine.
Se questo accadrà, sono certo che un paio d’interessanti eroi del tech italiano potranno emergere. Da qui, più persone saranno entusiaste, altre lo diventeranno, creando un circolo se vogliamo dire più tech. Penso davvero che tutto questo possa realizzarsi nei prossimi 10 anni, e che ci siano tutti gli ingredienti. L’Italia ha una cultura così fantastica e di questo sono molto entusiasta.”
Quindi, più Product Heroes!
📸 Sfoglia le foto della serata! Vai alla pagina dell’evento Lessons From Building Airbnb
Le slide sono disponibili per studenti ed ex studenti del Master in Product Management